Coronavirus: l’impatto sulla distribuzione moderna
L’impatto del Coronavirus e le conseguenti misure prese dalle autorità nazionali e locali stanno producendo effetti molto rilevanti sulle imprese della Distribuzione Moderna.
Le imprese alimentari (ipermercati, supermercati, ecc) hanno dovuto fronteggiare una domanda di beni di prima necessità (pasta, sughi, olio, latte, detersivi, ecc) esplosa con velocità repentina negli ultimi giorni e che ha raggiunto medie di crescita fino al 60/70% rispetto alla condizione usuale. Le imprese sono riuscite ad affrontare questa anomala situazione, che ha comunque generato qualche disagio per i consumatori, mobilitando tutte le risorse interne, adeguando i processi gestionali e agendo in ambito logistico per velocizzare l’afflusso delle merci nei punti vendita. Pur in questa eccezionalità, i prodotti richiesti sono stati disponibili nell’ambito della filiera e non si prevedono problemi in questo senso neanche nelle prossime settimane. Il quadro sembra ora rientrare ed è probabile che ci si possa attendere una riduzione degli acquisti “a compensazione” della generazione delle scorte.
Le imprese operanti nei settori non alimentari (abbigliamento, bricolage, sport, profumerie, mobili e arredamento, ecc) stanno registrando negli ultimi giorni cali del fatturato del 25/30% a livello nazionale, con punte nelle Regioni più coinvolte, come la Lombardia, che superano il 50%.
Se a questi già drammatici effetti si dovessero aggiungere i danni derivanti da una chiusura dei punti vendita non alimentari nei Centri Commerciali predisposta dalla Regione Lombardia per il week end, il quadro diventerà davvero “di crisi”. La Lombardia rappresenta oltre il 20% delle vendite della Distribuzione Moderna non alimentare in Italia (parliamo di circa 11 miliardi nella Regione) e il sabato e la domenica insieme realizzano tra il 40 e il 50% del fatturato settimanale. Chiudere i punti vendita nel week end porterebbe dunque immediatamente a una riduzione dei fatturati del 35/40% su scala nazionale. Significa perdere in un mese 1,5 miliardi di euro. Per quanto riguarda la Lombardia il calo del fatturato raggiungerebbe picchi del -70%.
Una situazione insostenibile se dovesse prolungarsi, che vedrà le aziende mettere in atto misure di contenimento degli impatti, frenando gli investimenti (ogni anno gli investimenti della Distribuzione Moderna non alimentare ammontano a 1 miliardo di euro) e agendo con tutte le leve disponibili, compreso quella del personale.
Un quadro dunque gravissimo, che avrà ripercussioni anche a livello più generale e su tutte le filiere produttive: è facile prevedere che i consumi interni, già deboli ma responsabili del 60% del PIL, subiranno un’ulteriore battuta d’arresto, diminuendo così la loro capacità di concorrere alla ripresa del Paese. Un elemento, quest’ultimo, di grande preoccupazione per le imprese del commercio e che apre scenari allarmanti nel medio periodo, limitando il contributo che le aziende della Distribuzione Moderna potranno fornire alla crescita dell’Italia e dei territori attraverso i propri investimenti e il proprio sviluppo occupazionale.
Per Federdistribuzione risulta fondamentale, nella gestione di questa crisi, l’implementazione di un meccanismo di coordinamento che assicuri una proporzione delle misure assunte a livello locale, con regole chiare e omogenee sull’intero territorio nazionale, evitando interventi eccessivamente restrittivi in alcune aree del Paese che produrrebbero danni economici gravi rispetto agli effettivi profili di rischio.
Augurandoci di uscire presto dall’emergenza, occorreranno misure incisive non solo per superare questa situazione contingente ma soprattutto per dare una nuova prospettiva al Paese, affrontando con decisione il tema della ripresa della domanda interna e del supporto alle imprese per tornare a investire e intraprendere un nuovo percorso di crescita.