Donne e lavoro, una questione che va risolta
Non vi è alcun dubbio che uno dei mali del nostro mercato del lavoro sia la bassa partecipazione delle donne al lavoro. Un problema che il Legislatore è intenzionato ad affrontare con interventi a favore dell’empowerment femminile, della famiglia e della genitorialità nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
D’altronde, guardando le statistiche più recenti, i dati sulla condizione delle donne parlano chiaro: il tasso di occupazione, tra i peggiori d’Europa, è intorno al 50% (68% per gli uomini); la disoccupazione è l’11,6% (9,4% per gli uomini) e l’inattività si attesta al 43,8% (24,7% quella degli uomini). Inoltre, l’Italia, rispetto ai Paesi UE, presenta la più alta percentuale di coppie in cui solo l’uomo lavora e le donne risultano (esclusivamente) dedite alle “attività domestiche”.
Quali sono le principali ragioni dei numeri citati? Difficoltà di equilibrio tra vita familiare e vita professionale, disomogeneità dell’offerta dei servizi per l’infanzia, carichi derivanti da attività domestiche e di cura, bassi livelli di istruzione, solo per citarne alcuni. Tali cause si riscontrano in quasi tutti i settori e non risparmiano nemmeno un comparto come la Distribuzione Moderna che vanta il 60% di occupazione femminile.
L’attenzione della aziende di Federdistribuzione sul tema è da sempre molto alta e sono diverse le buone pratiche già da tempo messe in campo a favore di una migliore conciliazione vita-lavoro (vedi il Bilancio di Sostenibilità). Molto è stato fatto ma c’è la consapevolezza che ancora molto si possa fare, anche perché il lavoro nel settore, soprattutto quando svolto in punto vendita, è impegnativo e occupa tempo.
La sfida va portata avanti su tutti i fronti: le aziende possono fare la loro parte ma spetta anche al Legislatore intervenire concretamente. Come? Tre semplici proposte che possono essere parte di una strategia complessiva di sostegno all’occupazione femminile: diffondere su tutto il territorio adeguati servizi di cura e custodia per bambini e familiari non autosufficienti; promuovere, con una fiscalità mirata, l’adozione di forme di welfare aziendale per la conciliazione vita-lavoro; incentivare le aziende a strutturare asili nido aziendali o a stipulare convenzioni con strutture adiacenti.
Si tratta di interventi non a costo zero, ma che possono essere un primo concreto investimento per migliorare la condizione del lavoro femminile, senza pesanti aggravi degli oneri in capo alle imprese. Gli stanziamenti economici dei fondi europei ci sono. La crisi sia un’opportunità per ripensare paradigmi ormai superati da tempo.