La domanda debole limita la ripartenza
Il sentiero della ripresa post-pandemica è stato finalmente intrapreso. Lo afferma il Presidente del Consiglio Mario Draghi, lo conferma il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, lo dimostrano le statistiche macroeconomiche.
In occasione di una recente manifestazione pubblica, Mario Draghi ha delineato la fotografia di un Paese che si sta – finalmente – risollevando dall’emergenza. «L’Italia è viva e forte e ha voglia di ripartire, i mesi della pandemia sono stati duri … ma ora, grazie ai sacrifici degli italiani e alla forte accelerazione della campagna vaccinale, abbiamo davanti una fase nuova. Una fase di ripresa e fiducia, su cui costruire un Paese più giusto e più moderno. E liberare le energie che sono rimaste ferme in questi mesi, e direi anche in questi anni». Gli fa eco Ignazio Visco che afferma che «l’Italia è in ripresa, con una domanda robusta attesa nella seconda metà dell’anno, man mano che la pandemia arretra, le vaccinazioni aumentano e le imprese tornano rapidamente a investire». E, inaspettatamente, persino l’Istat dispensa buone notizie rivedendo il dato provvisorio sul PIL nel primo trimestre dell’anno, stimato inizialmente in decremento congiunturale: secondo le nuove valutazioni, dopo la contrazione dell’ultima parte del 2020, nei tre mesi tra gennaio e marzo l’economia italiana ha segnato un lievissimo recupero, con una crescita del PIL rispetto al trimestre precedente del +0,1%. Il calo tendenziale si riduce sensibilmente, dal -6,5% del trimestre precedente a -0,8%.
Con il PIL già in terreno positivo fin dall’inizio dell’anno, le prospettive di miglioramento per la nostra economia si consolidano, puntando verso un percorso di rapida e decisa ripresa. I principali “previsori” stimano infatti un progressivo aumento della crescita nei prossimi tre trimestri, confidando nel graduale ritorno alla normalità post-Covid. Per quest’anno le stime risultano così allineate nell’indicare un incremento del Prodotto Interno Lordo prossimo al 4,5% (qualcuno indica persino tassi superiori al 5%).
In questo contesto dai toni finalmente positivi, le prospettive sui consumi sono tuttavia meno rosee.
Se da un lato, infatti, i diversi scenari previsivi si mostrano concordi nell’affermare che, una volta allentate le misure di contenimento, i consumi finora penalizzati dalle restrizioni e dalla paura del contagio dovrebbero trovare finalmente adeguato sfogo, dall’altro il permanere di numerosi elementi di incertezza limita una pronta ripartenza delle spese private.
Sebbene la riapertura delle attività economiche e il ritmo ora spedito delle vaccinazioni abbiano portato ad un marcato incremento dell’indice di fiducia delle famiglie (da 102,3 di aprile a 110,6 di maggio), l’ottimismo dichiarato appare più prospettico che reale. L’atteggiamento dei consumatori resta infatti prudente, ancora condizionato dalle incertezze sulle aspettative economiche personali e del Paese, connesse al proprio futuro occupazionale, all’incremento delle diseguaglianze sociali. A dimostrazione che le cicatrici dell’emergenza sanitaria ed economica difficilmente scompariranno a breve, la crisi sembra inoltre aver intaccato pesantemente il senso di “sicurezza” dei cittadini e averne di conseguenza modificato la percezione di rischio, nella direzione di una maggiore cautela e di un più elevato risparmio anche in condizioni di “pseudo-normalità”.
Dopo il calo del -10,7% registrato lo scorso anno, il recupero della spesa privata è previsto pertanto più lento rispetto a quello di altre variabili economiche: in media, è attesa crescere nel 2021 di “soli” 3,5 punti percentuali, un tasso decisamente modesto considerando la precedente caduta e che compromette una reale consolidata ripartenza dell’intera economia di cui i consumi rappresentano da sempre il motore principale.
Per delineare un sentiero di crescita sostenuta e prolungata del Sistema Paese occorre spingere fin da subito la domanda privata. Occorre innanzitutto sollevare il “reale” livello di fiducia con messaggi e interventi chiari e diretti. Occorre quindi supportare le famiglie maggiormente colpite dalla crisi, incrementandone la dote finanziaria; al tempo stesso sono necessari interventi volti a stimolare i consumi delle famiglie che non hanno subìto riduzioni rilevanti del proprio potere d’acquisto, affinché abbandonino il loro attuale atteggiamento precauzionale ed attingano alla liquidità ferma sui conti correnti, rimettendola nel sistema economico.