“Plastic tax”: giusto il fine ma non il metodo
Il tema delle plastiche è ormai al centro dell’attenzione da mesi ma gli interventi in un ambito così complesso devono essere graduali e accorti. Una premessa d’obbligo che deve essere ribadita in particolar modo in queste settimane, dove il dibattito sull’introduzione di un’imposta sugli imballaggi, la cosiddetta “Plastic tax”, sta destando grande interesse.
La misura, così come è stata proposta, negli intenti vuole promuovere la sostenibilità ambientale ma nella realtà rischia di non tenere conto degli impatti, estremamente negativi, che potrebbe avere su diversi ambiti.
Il fine del provvedimento governativo è dunque nobile ma il metodo con cui si si declina l’intervento è da rivedere.
Per affrontare un tema tanto vasto quanto delicato quale quello del comparto della plastica occorre un percorso graduale: lo prevedono le norme europee, con obiettivi a breve ma anche a medio e lungo termine; lo richiede anche il tessuto produttivo del settore che con le sue dimensioni fa dell’Italia il secondo produttore europeo.
La riconversione di un settore così strutturato non può quindi avvenire dall’oggi al domani e richiede invece interventi mirati e al contempo progressivi, in grado di tutelare le imprese e i loro livelli occupazionali ma anche i consumatori.
Le ripercussioni sui prezzi al consumo sarebbero infatti inevitabili se si considera che l’aliquota prevista per la “plastic tax” (mille euro a tonnellata) genererebbe un esborso per le aziende superiore al costo stesso della materia prima. Da ultimo le aziende che immettono sul mercato imballaggi in plastica versano già un contributo ambientale al Conai che a sua volta destina parte delle risorse per finanziare la raccolta differenziata nei comuni italiani: si tratterebbe quindi di una doppia imposizione per le aziende.
In definitiva interventi dettati dall’immediatezza rischiano solo di semplificare troppo una materia complessa, di creare nuove difficoltà alle aziende e ripercuotersi sui consumatori con prodotti più onerosi e non realmente alternativi.
Occorre avviare un ragionamento con tutti gli attori della filiera per la costruzione di un modello integrato che passi dalla produzione al consumo fino ad arrivare al nodo cruciale dello smaltimento: questo può e deve avvenire in attraverso un tavolo di lavoro con il quale far confrontare tutte le parti interessate, come proposto anche dal Ministro dell’Ambiente.