Pratiche sleali UE: soluzione unidirezionale a danno della GDO
Dopo sei incontri tra le Istituzioni Europee (il cosiddetto Trilogo, cioè il meeting che vede coinvolti Parlamento, Consiglio e Commissione) ha raggiunto un esito la discussione in Europa sulle pratiche sleali nella filiera alimentare. E’ stato così sciolto il nodo principale intorno al quale si è animato il dibattito: quali sono i soggetti che devono essere tutelati dall’eventuale esercizio di pratiche sleali? In origine tutto era chiaro: la Direttiva nasceva per proteggere il settore agricolo e la PMI, cioè la componente della filiera che si poteva presumere fosse più debole. Nel tempo però le cose sono cambiate e hanno preso ben altra impostazione, allargando l’ambito di applicazione a tutti i fornitori della GDO. Dunque imprese agricole e industriali e di qualsiasi dimensione: “se una pratica è sleale, è sleale per tutti”. Il compromesso finale introduce ora un limite a questo ampliamento: le pratiche sleali varranno per aziende con fatturato annuo fino a 350 milioni di euro.
E’ accettabile questa soluzione? Per noi no, anche se si potrà esprimere un giudizio definitivo solo dopo aver visionato il testo. Abbiamo sempre sostenuto l’impostazione iniziale della Direttiva mentre la formulazione attuale incrementa il potere negoziale della grande industria nei confronti della distribuzione commerciale, con possibili impatti negativi anche per il consumatore finale.
C’è poi un altro aspetto, cioè il fatto che le pratiche sleali siano unidirezionali, applicate solo dalla distribuzione nei confronti dei fornitori. Non è così. Operano nel mercato grandi imprese industriali con prodotti indispensabili per l’assortimento di un supermercato che godono di vere e proprie posizioni dominanti nei confronti dei distributori, avendo anch’esse la possibilità di mettere in atto pratiche sleali. Ciò vale a maggior ragione in un Paese come l’Italia nel quale la distribuzione è frammentata, a fronte di un settore industriale che ha attori di dimensioni rilevanti. Non è un caso che l’art. 62 ponga condizioni a tutela di ogni operatore della filiera: agricoltore, industriale e distributore.
Riteniamo quindi che debba essere introdotto il concetto di ”reciprocità”: il distributore tutelato dai grandi marchi industriali e il fornitore tutelato dalla Grande Distribuzione.